di Marco Bersani (Attac Italia)
Montefalcone nel Sannio è un piccolo Comune in provincia di Campobasso. È il primo ente locale ad aver approvato la delibera proposta dalla campagna per la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti. Nei prossimi giorni altri 36 piccoli Comuni della zona faranno altrettanto, innescando un meccanismo virtuoso che speriamo si diffonda presto presso tutti gli enti locali del paese.
Non sfugge a nessuno come sia proprio sul terreno dei Comuni che si giocherà nei prossimi mesi uno degli scontri più importanti fra un modello neoliberale teso all’autoriproduzione di se stesso e volto alla privatizzazione di ogni bene pubblico e la possibilità di mettere in campo un altro modello sociale, basato sulla riappropriazione dei beni comuni e della democrazia, a partire da quella di prossimità.
I Comuni dispongono della gran parte del “tesoretto” su cui i grandi capitali finanziari tenteranno di mettere le mani, sia esso rappresentato dal territorio, dal patrimonio pubblico e demaniale o dai servizi pubblici locali.
Sapientemente strangolati da un patto di stabilità che, dopo aver loro sottratto occupazione e capacità di investimento, oggi gli enti locali vedono intaccata le stessa possibilità di funzionamento ordinario, fino a metterne in discussione ruolo e funzione pubblica.
Trappola del debito, spendine review, drastico taglio dei trasferimenti sono diversi nomi per un unico obiettivo: cancellare dalla cartina gli enti locali, come luogo della democrazia territoriale e come ente in diretto contatto con le comunità locali di riferimento.
La svendita di tutto ciò che appartiene alle comunità locali trova un importante alleato in Cassa Depositi e Prestiti che, da quando è stata trasformata in società per azioni con l’ingresso delle fondazioni bancarie, ha rivolto l’utilizzo dell’enorme massa di denaro proveniente dal risparmio postale – oltre 240 miliardi di euro – ad un unico obiettivo: la spoliazione dei beni comuni.
Per questo troviamo Cdp dietro i finanziamenti di molte delle grandi opere che devastano il territorio; per questo assistiamo a Cdp che si propone come partner ideale dei Comuni nella svendita del patrimonio pubblico e per favorire le fusioni tra le grandi mutiutility dei servizi pubblici locali.
Ma è venuto il momento di invertire la rotta e di chiedere agli enti locali di schierarsi una volta per tutte, non accettando più di essere gli ultimi terminali delle politiche monetariste europee e nazionali e scegliendo di divenire i primi rappresentanti di un territorio e delle popolazioni che lo abitano.
A questo scopo, la campagna per la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti ha preparato una delibera da sottoporre a tutti i Consigli Comunali del paese: un testo che, affrontando il ruolo richiesto agli enti locali di fronte ad una crisi sempre più drammatica, chiede espressamente quattro cose:
a) una forte opposizione a tutti i processi di privatizzazione in corso nell’ambito dei servizi pubblici locali
b) la realizzazione dell’esito referendario del giugno 2011 sulla riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni
c) una drastica revisione del patto di stabilità, escludendo dallo stesso tutti gli investimenti finalizzati alla realizzazione di servizi essenziali per le comunità relativi ai beni comuni e al welfare locale
d) la trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in ente di diritto pubblico volto al sostegno a tassi calmierati degli investimenti degli enti locali.
Un piccolo Comune ha attraversato il guado: è una goccia, senza la quale nessun mare diventa possibile.
Nata nel 1850 la Cassa depositi e prestiti ha avuto da allora una doppia funzione: da un lato raccogliere e remunerare il risparmio postale dall’altro finanziare gli enti locali attraverso la concessione di mutui pluriennali. Ma dal 2003 la CDP è diventata una società per azioni a controllo pubblico: il Ministero dell’Economia e delle Finanze detiene l’80,1% del capitale, il 18,4% è posseduto da un nutrito gruppo di Fondazioni di origine bancaria, il restante 1,5% in azioni proprie. CDP è azionista di riferimento del Fondo Strategico Italiano (FSI) , è il principale azionista di ENI Spa ,Terna spa e SNAM Spa. Possiede il 100% di SACE Spa, il 76% di SIMEST spa, il 100% di FINTECNA Spa. Il presidente è Franco Bassanini, professore e più volte ministro; amministratore delegato è Giovanni Gorno Tempini, che è giunto alla gestione della CDP dopo aver fatto esperienza in JP Morgan, Banca Caboto (Banca IMI) e Intesa San Paolo. Insomma la CDP è diventata una enorme holding finanziaria, gestita sempre più con l’ottica del profitto (1 miliardo di dividendi nel 2012) (fonte http://www.cassaddpp.it)
Come cittadini ci fa piacere che lo stato faccia profitti, come risparmiatori ci secca che li faccia a nostro discapito. Il buono fruttifero postale era e rimane un ottimo strumento d’investimento che va inquadrato all’interno di un portafoglio complessivo; valutata la propria propensione al rischio e l’ orizzonte temporale all’interno del quale ci si muove, il BFP può, nella maggior parte dei casi essere sostituito con un titolo di stato di scadenza equivalente, che il consulente postale può offrire in alternativa…perché non lo fa?
Speriamo che, al pari delle banche, le poste non approfittino di una propria centralità nelle scelte finanziarie dei clienti nei piccoli centri o nelle zone rurali, presso pensionati o piccoli risparmiatori, per vendere prodotti di investimento che fanno più gli interessi del venditore che non del risparmiatore. Chiunque proponga un investimento senza chiederci a cosa serviranno i soldi che si stanno accantonando merita la nostra cautela.
Liliano Zappaterra
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