Mese: dicembre 2012
Salvati dal terremoto
Dipinti e sculture dai centri storici tra Bologna e Ferrara
La mostra – promossa dalla Fondazione Carisbo in collaborazione con la Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna e la Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini – a cura di Luigi Ficacci e Angelo Mazza si propone di attirare l’attenzione del pubblico sulla gravità della condizione e sullo stato di precarietà in cui versano gli edifici lesionati dagli eventi sismici del maggio 2012 e di informarlo circa i rischi di cancellazione di testimonianze storiche delle diverse comunità civiche.
Le drammatiche scosse registrate il 20 e il 29 maggio scorsi hanno inferto danni gravissimi al patrimonio artistico dell’area bolognese, ferrarese, modenese e reggiana. Centri storici quali Cento, Crevalcore, Galliera, Pieve di Cento e Sant’Agostino, gravitanti nel territorio tra Bologna e Ferrara, hanno visto seriamente compromessi, per cedimenti, crolli e fessurazioni pericolose, i principali edifici ecclesiastici antichi, con il rischio della perdita di importanti opere d’arte che vi erano conservate. Gli interventi eroici dei Vigili del Fuoco e l’impegno dei Funzionari delle Soprintendenze hanno messo in sicurezza le opere mobili di maggior pregio, ora ricoverate nelle vaste sale del Palazzo Ducale di Sassuolo, negli ambienti messi a disposizione da privati a Pieve di Cento, nei depositi allestiti presso Art Defender a Bologna e in quelli presso la stessa Pinacoteca Nazionale di Bologna.
In mostra alcune opere molto importanti di scuola bolognese dal Cinquecento al Settecento. Tra queste la grande pala di Ludovico Carracci della Pinacoteca Civica di Cento (uno dei capolavori del grande maestro bolognese, firmato e datato 1591), due importanti dipinti del Guercino (la giovanile “Sibilla” della Fondazione Cassa di Risparmio di Cento; la grande “Annunciata” della collegiata di Pieve di Cento, del 1646), due pale d’altare di Ubaldo Gandolfi e inoltre solenni, austeri e seducenti dipinti di Lorenzo Sabbatini, Denys Calvaert, Alessandro Tiarini, Giovan Francesco Gessi, Ludovico Lana e altri; testimonianze significative della pittura emiliana che per lungo tempo saranno sottratte alla pubblica visione in conseguenza della precarietà strutturale degli edifici che finora le hanno custodite, sia ecclesiastici che civili.
Uomini e luoghi del jazz a Bologna
Faces & places.
Museo | Palazzo Pepoli. Museo della Storia di Bologna
Via Castiglione, 8
40136 Bologna
Realizzata in occasione della settima edizione del Bologna Jazz Festival, per il ciclo “Jazz at the museum”, la mostra rappresenta un’inedita carrellata fotografica arricchita di manifesti originali a ricomporre quel feeling magico che lega il jazz a Bologna.
Bologna si è imposta fin dal dopoguerra come una delle capitali del jazz europeo. È complesso in poche righe definire l’alchimia che ha generato nel territorio felsineo un interesse così spiccato per il linguaggio musicale afroamericano. Il punto di partenza è stato senza dubbio il fertile ambiente culturale universitario, ma la diffusione del jazz a Bologna è imputabile soprattutto al lavoro dei tanti e appassionati promotori che negli anni, con il contributo delle istituzioni e di partner privati, hanno promosso con competenza – e forse anche con la giusta dose di incoscienza – una straordinaria quantità di concerti e rassegne, sempre connotate da una eccezionale qualità artistica. Il concetto di jazz festival ha preso forma proprio tra le mura di Bologna, per poi essere esportato in tutta Italia: l’origine stessa di Umbria Jazz è legata a doppia corda con l’esperienza jazzistica bolognese.
Tanti sono i celebri musicisti statunitensi ed europei che hanno deciso di trascorrere periodi più o meno lunghi sotto le due torri, altrettanti sono i musicisti che partendo da Bologna hanno mosso i primi passi per costruire le loro prestigiose carriere. Tanti i locali, i circoli, i teatri e le sale civiche che hanno respirato e continuano a respirare a tempo di swing. Questa inedita carrellata di volti e di luoghi, arricchiti dai manifesti originali dei numerosi festival organizzati dalla fine degli anni Sessanta ad oggi, ricompone con efficacia e immediatezza quel feeling magico che lega il jazz alla città.
La mostra è impreziosita dalla proiezione del documentario “My main man. Appunti per un film sul jazz a Bologna” con il quale il regista Germano Maccioni – attraverso l’uso di un ricco materiale di archivio e testimonianze di musicisti e organizzatori – restituisce ai visitatori un’ulteriore occasione di approfondimento.
“Faces & Places” è dedicata a Massimo Mutti.
Quando
Dal 14 Novembre 2012 al 6 Gennaio 2013
dal martedì alla domenica: 10-19
Alfredo Protti a palazzo d'Accursio

Il percorso espositivo, articolato negli spazi di Sala d’Ercole, Manica Lunga e Sala Farnese fino al 4 febbraio 2013, ripercorre la straordinaria produzione pittorica di Alfredo Protti (1882-1949) attraverso una selezione di circa 70 capolavori dedicati alla figura femminile
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orario: dal martedì alla domenica, dalle ore 10.00 alle 18.30 (chiusura 25 dicembre 2012, 1 gennaio 2013) dal 19 dicembre al 4 febbraio 2013 |
Alfredo Protti è uno dei pittori più noti e amati di quella Bologna novecentesca che lo storico dell’arte Ludovico Ragghianti definì «cruciale» per la straordinaria concentrazione di artisti che contribuirono a modernizzare l’arte e la società italiane. Nato nello stesso anno di Umberto Boccioni e Gino Severini, e otto anni prima di Giorgio Morandi, Protti seguì una carriera artistica autonoma rispetto alle correnti più radicali dell’avanguardia futurista e metafisica; tuttavia la sua pittura, di respiro europeo, contribuì profondamente alla formazione dell’identità moderna di Bologna.
Allievo di Domenico Ferri e compagno dei pittori Athos Cesarini e Ugo Valeri, Protti partecipò alla «frangia scapigliata» bolognese e in seguito, insieme a Carlo Corsi, Guglielmo Pizzirani, Garzia Fioresi e Giovanni Romagnoli, alla cosiddetta «Secessione bolognese» che tentava di rinnovare il linguaggio visivo allora in voga, ancora basato su modelli ottocenteschi, aggiornandolo sul nuovo gusto internazionale. La sua poetica, ispirata all’intimità della vita domestica, si nutrì delle esperienze formali più diverse e moderne, come quelle di Sargent, Whistler, Klimt, Renoir, Matisse.
Auguri in musica
http://www.youtube-nocookie.com/v/S9dTjK2vgas?hl=it_IT&version=3&rel=0
Venerdì 21 ore 17 – AUGURI IN MUSICA
Irene De Bartolo – Arpa
Un pomeriggio musicale in compagnia di due bravissime musiciste costituisce certamente il miglior modo per assaporare appieno lo spirito di Natale, augurare a tutti i cittadini ferraresi pace, bontà e serenità e prepararsi al nuovo anno con meravigliose speranze.
Il Duo Morrighan dal 1992 propone al pubblico un repertorio che dalla musica classica si apre a nuove proposte che spaziano dal jazz alla musica leggera. La solida intesa delle due musiciste si percepisce ascoltando l’armonia perfetta creata dai due strumenti. La proposta di questo particolare duo si basa sulla ricerca di brani musicali che mettano in risalto le caratteristiche tecniche ed emozionali delle due componenti che, per formazione ed esperienze, hanno al loro attivo un bagaglio tecnico e di stile molto originale ed articolato. La brillantezza e il potere evocativo del suono del flauto traverso e del flauto basso (strumento non comune in ambito concertistico) uniti alla magia del ricco mondo armonico dell’arpa, accompagneranno il pubblico in un bizzarro viaggio musicale dalla classica alla musica moderna, dalla celtica al contemporaneo d’autore, dal cinema al musical fino alle simpatiche “perline jazz” in un singolare e personale intreccio d i generi e stili. Il nome stesso scelto da duo, si rifà a Morrighan, divinità celtica dotata di numerosi aspetti e caratteri.
A cura di Angela Poli – Sezione Ragazzi della Biblioteca Ariostea
Tempo di test
di Simplicissimus
Ho fatto il test del concorsone per gli insegnanti e sono riuscito a rispondere esattamente a 41 domande su 50 , qualcuna l’ho sbagliata e qualcun altra l’ho saltata non per la difficoltà, ma perché occorreva leggersi una pappardella di testo per poi rispondere a delle domande in merito e non ne avevo voglia: piuttosto che cadere in un tranello ho preferito glissare dal momento che a sbagliare si perde mezzo punto, mentre a non rispondere semplicemente non se ne guadagnano. Così ho finito con 8 minuti di anticipo, che non è poi straordinario, visto che per studi di psicologia in gioventù e il successivo interesse per le scienze cognitive, i test li ho bazzicati abbastanza da districarmi agevolmente. I test hanno questo di bello: che misurano con molta precisione l’abilità a fare test. E solo quella.
Così mi sono inoltrato in un intrico di giochini e indovinelli, alcuni elementari, altri un po’ complicati, altri ancora formulati in maniera ambigua, ma insomma tutta roba e robaccia che non ha niente a che vedere con la competenza nelle maniere di insegnamento, con la passione e con la capacità didattica ancor meno di quanto abbia a che fare l’intelligenza con il ministro Profumo. Così proprio negli anni in cui il test di tipo quizzesco comincia ad essere fortemente contestato proprio nell’ambito culturale anglosassone o meglio americano dov’è nato (e in cui il tipo di didattica lo rende più funzionale), noi ci dedichiamo a queste operazioni di modernariato di provincia che sono il giusto coronamento di un ventennio abbondante di distruzione della scuola e della cultura. La quale ora giustamente e formalmente entra nella sua marcia maturità televisiva, scambiata per modernità.
Non sappiamo se i futuri insegnanti avranno la competenza nelle loro materie, non sappiamo se sono in grado di trasmettere ai loro alunni interesse, curiosità, senso critico, non sappiamo se avranno la volontà di aggiornarsi o se hanno una psicologia adatta a rapportarsi con i ragazzi, ma saremo sicuri che sapranno in quale albergo risiede la tale Elisa o Margherita e in quale stanza. Il che non so alla fine se dimostri più le capacità logiche o l’ossessione del tombeur de femmes. Così per esempio non si capisce che senso possa avere per insegnanti di materie umanistiche saper impostare l’equazioncina di primo grado oppure all’insegnante di scienze o di matematica interpretare correttamente un testo letterario, specie se si ha poco tempo e un destino da decidere. Specie se non si è abituati fin da bambini a fare questi giochini.
Tuttavia, siccome in questo Paese si quando si tratta degli altri si è sempre molto severi, non mancano sul web genitori – oltre ai soliti fancazzisti di ogni genere – che essendo esonerati dal dover provare le loro capacità attraverso prove che non hanno nulla a che vedere con le stesse e dotati di un’idea assai vaga della didattica, si sono scoperti dei fan dei quiz e acidamente sono sicuri che i buoni docenti li dovrebbero saperli risolvere per non dimostrarsi incompetenti. Bene io farei una cosa semplice: se per insegnare bisogna risolvere i 50 giochini in 50 minuti, tanto più un test del genere sarebbe necessario ai genitori che hanno un compito più complesso: non vorremo mica lasciare i bimbi in mano a gente che non sanno dove prende il sole Pamela, che non riescono ad interpretare all’impronta un testo in tutte le sue sfumature o che magari conoscono molto mediocremente una lingua straniera. Quiz anche per anche a loro.
fonte: Il Simplicissimus
Visions

20 dicembre 2012 – 31 gennaio 2013
VISIONS. Una mostra fotografica di Paolo Gotti
ACF Trading via Santo Stefano 7/B, Bologna
20 dicembre 2012
ore 19.30
opening
VISIONS
di Paolo Gotti
ACF Trading
via Santo Stefano 7/B, Bologna
20 dicembre 2012 – 31 gennaio 2013
Inaugura il 20 dicembre 2012 negli spazi dello showroom ACF Trading la mostra Visions del fotografo bolognese Paolo Gotti: la visione astratta, pittorica, di paesaggi che sembrano tutt’altro che “reali” avvicina lo scatto fotografico ad una rivelazione quasi metafisica, o ad un miraggio.
Cacciatore di immagini, per trovare in paesaggi incontaminati o urbani la cassa di risonanza di emozioni universali. È questo che Paolo Gotti fa a partire dagli anni Settanta a tutte le latitudini: attento interprete di forme e colori e maestro della composizione di equilibri e simmetrie di una fotografia di viaggio pensata e studiata meticolosamente, così come richiede la sua formazione di architetto.
Come istantanee realizzate fuori dal tempo e dallo spazio, le “visioni” di Gotti rivelano un’intensità e un’empatia emotiva paragonabili a quelle di un pittore iperrealista, come lo aveva definito un naturalista dalla spiccata sensibilità artistica come Giorgio Celli, secondo cui “la realtà troppo reale, per uno strano circuito paradossale, sconfina nell’irreale e il fotografo è un artefice di miraggi”.
Le macchie di colore sfumate come in un acquerello, l’esaltazione dei cromatismi di mari che cambiano colore con il passaggio veloce delle nuvole, il taglio prospettico dei cieli, l’anatomia di deserti e altipiani rocciosi sottolineano la valenza pittorica e astratta degli elementi. Acqua, terra, aria e fuoco saranno i quattro elementi protagonisti dei suoi calendari fotografici dal 2004 al 2008. È la poesia nella Natura, che Paolo Gotti immortala nelle sue corrispondenze estetiche, attraverso una sorta di metrica visiva che scandisce il ritmo dell’immagine.
Il monumentale repertorio fotografico di Gotti, che conta oltre 10.000 fotografie scattate in ogni parte del mondo, dalla Colombia al Madagascar, dall’India ad Haiti passando, solo per citare alcuni paesi, per Yemen, Islanda, Bolivia, Australia e Cina, contempla anche realtà urbane – e pertanto umane – che attraverso il suo obbiettivo si fanno a loro volta paesaggio.
Questa particolare visione del mondo si posa su un delicato equilibrio tra assenza e presenza dell’artista. Una vocazione da “etnologo”, come amava dire Giorgio Celli, diametralmente opposta a quella dell’esploratore che colleziona reperti: il fotografo restituisce al mondo le immagini dei cinque continenti, senza portare via nulla da essi.
In occasione della mostra, oltre ai pannelli fotografici di grandi e medie dimensioni, verranno presentati i tre calendari tematici 2013 Visions, Vita nei porti, Chioschi e ambulanti.
Paolo Gotti nasce a Bologna e si laurea in architettura a Firenze, dove frequenta il Centro di studi tecnico cinematografici conseguendo nel 1971 un attestato di idoneità alla professione di fotografo. Nel 1974 sceglie l’Africa come meta del suo primo vero viaggio, quello in cui, come dice l’artista, “si sa quando si parte ma non si sa quando si torna”. Con la sua vecchia Land Rover attraversa il Sahara fino al Golfo di Guinea in Costa d’Avorio per poi fare ritorno in Italia dopo quasi 5 mesi a bordo di un cargo merci. In seguito a questa avventura che lo segna profondamente, intraprende a tempo pieno l’attività di architetto, grafico e fotografo. Dopo varie esperienze nel campo della pubblicità, e una maturata esperienza nello Still life, si dedica sempre più al reportage. Gira il mondo con la sua Nikon per immortalare persone, paesaggi e situazioni che archivia accuratamente in un gigantesco atlante visivo, da cui nascono i calendari tematici che realizza da circa vent’anni. L’obiettivo della sua macchina fotografica è in oltre 70 paesi tra cui Niger, Cina, Haiti, Brasile, Messico-Guatemala, Nepal, Ceylon-Maldive, Indonesia, USA, Canada, Thailandia, Caraibi, Malesia, Miami, Yemen, Venezuela, Filippine, Cuba, India, Cile, Bolivia, Islanda, Australia, Colombia.
Luciano Chailly
Giovedì 20 ore 17 – INVITO ALLA LETTURA
A cura di Nicola Badolato
Intervengono: Nicola Badolato (Università di Bologna), Floriana Chailly (IlFischio.doc” – Milano) e Michele Govoni (giornalista e critico), Daniele Spini (conservatorio di Ferrara).
Intermezzo musicale: Luciano Chailly, Improvvisazione n. 12 – Giulio Arnofi, chitarra
Luciano Chailly, Lamento di Danae – Anna Scalfaro, pianoforte e Ilaria Mancino, soprano.
Compositore, didatta, consulente in Rai e direttore artistico dei principali teatri italiani, il ferrarese Luciano Chailly (1920-2002) fu musicista di spicco del secondo Novecento: fautore dell’‘arte per l’arte’, si distinse per l’eclettismo e la permeabilità alle principali tendenze dell’avanguardia musicale europea. Questo volume, pubblicato col contributo del Lions Club “Ferrara Host” e col patrocinio di “Freon Musica”, raccoglie i contributi di Nicola Badolato, Floriana Chailly, Francesco Fusaro, Maria Maddalena Novati, Lorenzo Pisanello, Lorenzo Rubboli, Anna Scalfaro, Chiara Tarabotti e Giordano Tunioli, presentati nell’incontro di studi organizzato a Ferrara il 18 maggio 2012 nel decimo anniversario della morte del compositore.
Nicola Badolato, dottore di ricerca in Musicologia e Beni musicali, è assegnista di ricerca nel Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna. È diplomato in pianoforte e clavicembalo. Ha pubblicato vari saggi e contribuisce al Dizionario biografico degli Italiani. Nel 2012 ha pubblicato I drammi musicali di Giovanni Faustini per Francesco Cavalli (Firenze, Olschki). Concorre all’edizione critica delle opere di Francesco Cavalli (Kassel, Bärenreiter, 2012-), di cui ha curato, con Álvaro Torrente, il primo volume (La Calisto).
Davanti al camino
Mercoledì 19 ore 17 – LA COMPAGNIA DEL LIBRO
A cura di Alberto Amorelli e Silvia Lambertini
Le giornate stanno diventando più fredde, le ore di luce sono diminuite, le giacche hanno lasciato posto ai cappotti pesanti, l’inverno sta arrivando. Come da tradizione, da qualche anno ormai, La Compagnia del Libro passerà con voi queste fredde sere invernali, immaginandovi a sorseggiare un buon the caldo davanti ad un camino che crepita di fuoco e di tepore, Alberto Amorelli e Silvia Lambertini con sei lettori d’eccezione, che evento dopo evento hanno costruito il fortunato format degli eventi della Compagnia del Libro, vi consiglieranno sei buoni libri per l’inverno, sei idee regalo per il Natale, sei compagni per le ore più fredde.
In collaborazione con l’Associazione Culturale Gruppo del Tasso di Ferrara
Vedi invito in formato pdf libri_davanti_al_camino_invito.pdf
L'elogio della carta straccia
di Antonio Serena
Esaurito il repertorio degli scemi che fanno politica, è il momento dei giullari che insegnano storia. Lunedì 17 dicembre, in diretta su Rai Uno alle 21.10 dal Teatro 5 di Cinecittà, riaperto e ristrutturato dopo l’incendio di qualche mese fa, l’attore Roberto Benigni, colui che iniziò la sua carriera nel 1977 con il film “Berlinguer ti voglio bene”, ci ha spiegato in diretta la Costituzione italiana nello spettacolo “La più bella del mondo”.
Dopo un’ ora di satire cotte e stracotte contro Berlusconi (ahimè, cosa farà il comico quando il cavaliere non ci sarà più: lo elogerà come ha fatto stasera con Fanfani dopo averlo preso per il culo da vivo?) il nostro è passato a parlar di storia. Partendo ovviamente dalla Resistenza che ha dato a tutti la libertà e ci ha liberato da Hitler per portarci questo mondo radioso dove un giovane su tre è disoccupato e la gente senza lavoro si spara. Quant’è bella la libertà!
Allora i giovani – ha sentenziato il comico-professore – per darci questa libertà andarono in montagna a combattere, a fare i partigiani, ma non perché obbligati o per evitare di far la guerra (pochini sia al nord contro i tedeschi che al Sud con gli americani), ma perché volevano liberare il paese dalla dittatura, sostituendola con la libertà, quella “liberista” che stiamo vivendo attualmente o, se andava diversamente, con quella comunista che, almeno fino a poco tempo fa, piaceva al Benigni.
Furono loro e soltanto loro, i potenti partigiani, a liberare l’Italia, non gli angloamericani: e qui deve aver letto i libri del suo collega del “Corriere della Sera” Aldo Cazzullo (potenza dei nomi), perché solo lui al mondo è arrivato ad esprimere tanta comicità in materia.
Ecco allora che noi oggi, finalmente, nonostante la parentesi del recente “medioevo Berlusconiano”, siamo un popolo unito e – udite, udite!!!- Sovrano. Dove, non il re o il dittatore, scrivono le leggi, ma il popolo, i cittadini. Magari non proprio direttamente, ma attraverso quel veicolo di saggezza e probità che sono i partiti. Siamo noi che decidiamo il nostro presente ed il nostro futuro; noi che nominiamo chi ci deve comandare attraverso libere elezioni (magari con liste preconfezionate e senza poter dare preferenze); noi che, attraverso i nostri delegati, votiamo il Premier (che poi la Grande finanza usuraia provvede a sostituire con un cameriere di suo gradimento); noi che decidiamo a stragrande maggioranza attraverso i referendum di non finanziare più i partiti (che nonostante ciò continuano a percepire le stesse somme in misura quadruplicata); noi che stabiliamo dove mandare i nostri mercenari a fare le guerre ospitando le basi militari degli occupanti (pardon, Alleati) sul nostro territorio e sciogliendo i nostri migliori Corpi militari per sostituirli con dei droni; noi che abbiamo un Presidente della Repubblica talmente “libero” da inneggiare al massacro degli insorti da parte dei carri armati sovietici ai tempi della rivolta d’Ungheria; noi, sovrani anche in finanza, che facciamo emettere il nostro danaro da una Banca d’ Italia che, come ci ha spiegato la Cassazione “non è una società per azioni di diritto privato, bensì un istituto di diritto pubblico… “, i cui azionisti però sono banche private.
Il furbetto passato dal seminario giovanile al Partito comunista (quei “dittatori” che ora rinnega), strizzando l’occhio ai Potenti del mondo con un film che gli è valso due Oscar, ma dimenticandosi di coloro che in Palestina soffrono cacciati dalle loro terre occupate, si è ben guardato dal nominare Mussolini, altrimenti qualcuno avrebbe potuto ricordargli certe leggi istituite molti anni prima di quella Sacra Carta Costituzionale, “La più bella del mondo”, che però è rimasta un libro dei sogni. A differenza delle realizzazioni del “bieco dittatore” che sostituì partiti e conventicole massoniche con un partito unico che diede agli italiani: Assicurazione contro la disoccupazione, Leggi a tutela del di donne e fanciulli, Assistenza illegittimi e abbandonati, Assistenza obbligatoria contro la TBC, Esenzione tributaria per le famiglie numerose, Assicurazione invalidità e vecchiaia, Assicurazione contro la disoccupazione, Assistenza ospedaliera ai poveri, Tutela del lavoro di donne e fanciulli, Opera nazionale maternità ed infanzia (O.N.M.I.), Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, Opera nazionale orfani di guerra, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), Settimana lavorativa di 40 ore, Istituto Nazionale per l’ Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (I.N.A.I.L.), Ente Comunale di Assistenza (E.C.A.), Assegni familiari, Istituto per l’Assistenza malattia ai lavoratori (I.N.A.M.), Istituto Autonomo Case Popolari, Riforma della scuola, Opera Nazionale Dopolavoro (nel 1935 disponeva di 771 cinema, 1227 teatri, 2066 filodrammatiche, 2130 orchestre, 3787 bande, 1032 associazioni professionali e culturali, 6427 biblioteche,994 scuole corali, 11159 sezioni sportive, 4427 di sport agonistico), Lotta alla Mafia con emigrazione di “Cosa nostra” negli Stati Uniti, Carta del lavoro, Patti Lateranensi, Lotta contro l’analfabetismo (eravamo tra i primi in Europa: dal 1923 al 1936 siamo passati dai 3.981.000 a 5.187.000 alunni, studenti medi da 326.604 a 674.546, universitari da 43.235a71.512), Doposcuola per il completamento degli alunni, Lotta contro la malaria, colonie marine e montane gratuite per i non abbienti, Refezione scolastica, Obbligo scolastico fino ai 14 anni, Scuole professionali, Magistratura del Lavoro, Istituzione Parchi nazionali (Gran Paradiso, Stelvio, Abruzzo. Circeo, ecc.) …Fermiamoci qui.
Vicino a me, a seguire l’esibizione del comico nominato Cavaliere di Gran Croce dal venerato maestro Ciampi (il Presidente-economista famoso per aver bruciato in due giorni 60 mila miliardi di lire – 30 miliardi di euro – per controllare il cambio lira/marco), c’era mio figlio, che alla fine si è alzato ed è uscito per andare al lavoro. Tornerà domattina all’alba, dopo aver fatto la notte e aver guadagnato 35 euro.
Com’è bello in questa repubblica che la Costituzione vuole “sovrana” e “fondata sul lavoro”, poter dire ciò che vuoi, camminando per le strade senza una lira in tasca e pensando in tutta libertà a cosa non mettere in tavola domani.
E tu, Benigni, per due ore di spettacolo, quanto hai incassato? Dai, spara, raccontaci “La più bella del mondo”, facci ridere ancora.
link: Libera Opinione